Laboratorio teatrale con Marcela Serli sulla narrazione del sè.
La rivoluzione, tra coraggio e paura, desiderio e fuga.
Tante cose si possono dire ma solo una è precisa e sintetica: Il teatro esiste quando qualcuno ha una storia da raccontare e qualcun altro è disposto ad ascoltarla.
E sembrerebbe semplice se non fosse che per suscitare questo desiderio di essere ascoltati bisogna aver maturato una buona consapevolezza di sé e delle proprie potenzialità di “comunicatori”. Non basta sicuramente il talento a far destare l’attenzione di qualcuno. Esistono dei metodi, esistono degli esercizi, esiste, insomma, la tecnica. Imparare a capire qual è la potenzialità del corpo e della voce, imparare a capire fino dove arrivare, fa parte del lavoro dell’attore. Mettersi in gioco sapendo dove si è. Controllare e perdere il controllo.
Tenersi e lasciarsi andare. Ecco il gioco. Noi proveremo a lavorare sulla nostra CREDIBILITA’ e sulla nostra POTENZA sia vocale sia fisica. Lavorando contemporaneamente su qualcosa di molto importante: il RITMO.
Lavoreremo sulla percezione del nostro corpo, del suo peso e della sua occupazione nello spazio (esteriore e interiore), sulla percezione degli altri nello spazio e quindi del loro peso.
Indagheremo le potenzialità espressive del corpo e degli stati emotivi attraverso tecniche di improvvisazione e dunque di composizione.
Un momento della giornata sarà dedicato al lavoro da “performer”, in cui il corpo diventerà strumento artistico, per giungere a teatralizzare il sé.
Infine proveremo a lanciare la fantasia dalla finestra senza paura che si sfracelli.
Cercheremo, con la poetica del “tutto è possibile” (almeno qui), di GIOCARE CON COSCIENZA. Lavorando sull’ascolto, sull’intesa.
AI PARTECIPANTI
– I partecipanti saranno invitati a proporre un frammento di un testo o una poesia che riguardi
la rivoluzione, interiore o esteriore, e una canzone che parli di coraggio o di paura, su cui si articolerà parte del lavoro.
– Vi chiedo di portare, oltre agli abiti che usate tutti i giorni (abiti con i quali vi identificate e/o presentate in società) anche degli abiti comodi per lavorare. Vi chiedo però di non venire in tuta da ginnastica ma con degli abiti che vi rendano anche un po’ eleganti, che vi piacciano (ripeto: comodi però!), con i quali andrete a terra se necessario.
– Vi chiedo di portare delle vostre fotografie, di voi. Vi chiedo che appartengano al vostro passato. Una, due, molte, quante desiderate.
– Vi chiedo di portare un oggetto vostro, che avete a casa, che potendo buttereste via subito.
– Vi chiedo di scrivere in poche righe un vostro desiderio, un desiderio nascosto, che non conoscono i vostri amici o che è segreto. Anche che non c’entri niente con il nostro argomento. E vi chiedo di portare questa pagina con queste parole al nostro incontro. Queste righe rimarranno a voi. Nessuno le leggerà mai.