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LA FABBRICA DEI PRETI

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di e con Giuliana Musso
canzoni e musiche di Giovanni Panozzo, Daniele Silvestri, Marcello Serli, Mario D’Azzo, Tiromancino
produzione La Corte Ospitale
assistenza e ricerche fotografiche Tiziana De Mario
responsabile tecnico Claudio Parrino
collaborazione allestimento Massimo Somaglino
realizzazione video Giovanni Panozzo e Gigi Zilli
elementi di scena Francesca Laurino
ricerche bibliografiche Francesca Del Mestre
consulenza musicale RiccardoTordoni

Nati in casa, Sexmachine, Dreams, Wonder Woman e in particolare Indemoniate che è stato presentato in più occasioni alla Sala Bartoli, una felice coproduzione dello Stabile nel 2007… Gli appassionati di teatro in regione hanno avuto sicuramente l’occasione di conoscere e apprezzare i lavori di Giuliana Musso, tra le maggiori esponenti sul piano nazionale, del teatro di narrazione e d’indagine che si colloca al confine con il giornalismo d’inchiesta, tra la ricerca e la poesia, la denuncia e la comicità.
Vicentina di nascita e udinese d’adozione, Giuliana Musso è autrice e interprete, ma innanzitutto attenta ricercatrice: «Ho il desiderio di un teatro che ci guardi negli occhi e che ci ascolti – scrive infatti nel suo sito – di una drammaturgia che nasca dall’indagine e trasferisca sulla scena la testimonianza di chi vive. So di condividere questo desiderio con molti altri artisti che resistono spontaneamente alla seduzione dell’autoreferenzialità per arrendersi con gioia a un teatro che ama osservare più di quanto ami farsi osservare. Diamoci occasioni per spostare il baricentro: dal virtuosismo al contenuto, dal grande teatro a una comunità che si riunisce».
La fabbrica dei preti chiama appunto la comunità a riflettere attorno al tema un po’ tabù della dimensione umana dei sacerdoti, in particolare di quella generazione che ha frequentato i seminari negli anni Cinquanta e Sessanta, che ha vissuto la grande stagione delle speranze successive al Concilio Vaticano II, e sta assistendo ora a un’ulteriore mutamento, allo sfaldamento di un mondo.
Nello spettacolo si intrecciano tre diverse forme di racconto: un reportage della vita nei seminari declamato dal “pulpito” (ispirato al racconto La Fabriche dai Predis di Don Pietrantonio Bellina), la proiezione di tre album fotografici e la testimonianza vibrante di tre personaggi (un timido ex-prete, un ironico prete anticlericale ed un prete poetaoperaio). In apertura un prologo ripercorre il Concilio Vaticano II (1962-1965). Giuliana Musso si muove perfettamente a proprio agio sul palco fra una tonaca, un vestito da sposo, un clergyman e una tuta da operaio e dà corpo e voce a coloro che li indossarono. Sono uomini anziani che possono trarre il bilancio delle loro esistenze senza ipocrisie: gli anni in seminario, i tabù e le regole, le gerarchie, e poi l’impatto col mondo e con le donne, le frustrazioni ma anche la ricerca e la scoperta di una personale forma di felicità umana. Lo sfondo comune è quello della cultura cattolica in cui sono radicate la nostra etica, i nostri valori e con essi anche le nostre fragilità, i timori, le ipocrisie della vita. L’affresco dei tre personaggi è dunque un po’ anche il nostro e sa evocare le contraddizioni, la solitudine e soprattutto la commovente bellezza dell’essere umano.