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MELINGO

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Daniel Melingo è oggi l’ambasciatore di un tango popolare e colto. l’uomo della nuova frontiera porteña. Un’altra voce tormentata che tenta di riportare la musica argentina al di fuori dei suoi confini più usuali, attraverso immagini e arrangiamenti atipici. Il tango più “sporco” e carnale, quello dei bassifondi di Buenos Aires, dei locali fumosi dove la danza nazionale argentina non è elegante prodotto da esportazione nè attrattiva turistica, ma vita vissuta ai margini della società del benessere, tra strade sporche e soggetti poco raccomandabili. E’ questo il tango di Daniel Melingo, cantante e autore di Buenos Aires che ha re- interpretato la forma del tango cancion, inventata da Carlos Gardel, con la sua voce carismatica, oscura, fumosa. Se il tango è finito nei saloni è ora di riportarlo nelle strade dove è nato, e Melingo lo fa con grande efficacia, perchè, come scrive di Monde de la Musique: “…è un eretico della religione tangueira…un iconoclasta che guarda alla vita degli emarginati di Buenos Aires e per farlo va alle fonti d’ispirazione del tango”.
I suoi concerti sono veri e propri spettacoli  di “teatro canzone” in cui Melingo si esprime da attore consumato, come un crooner surrealista, interpreta le sue canzoni che parlano di piccole storie ambientate nei bassifondi di Buenos Aires, tra ladri e perdenti, e si impadronisce della scena usando magistralmente il suo corpo ed il volto pasoliniano.
Dopo i tre precedenti album: “Santa Milonga”, “Maldito Tango” e “Corazon Y Hueso”, Melingo ha pubblicato recentemente il suo nuovo album “Linyera” i cui brani saranno l’ossatura del suo nuovo spettacolo, rappresentato nei più importanti festival e teatri europei a Londra, Parigi, Berlino, Lisbona…qui di seguito alcuni stralci della recensione di Paolo De Bernardin:
“In “Linyera” tutto è mescolato traducendo in musica il mondo fantastico di Melingo che allarga tutta la sua visione senza fermarsi alla forma canzone ma costruendo tutt’intorno un teatro di emozione possente nel quale si compendia il mondo latino contadino della grande cilena Violeta Parra (strepitosa la sua versione di “Volver a lo diesisiete”), la poesia di Federico Garcia Lorca (“Despues de pasar”), diEvaristo Carriego (“Que sera de ti”) e di Atahualpa Yupanqui (nel geniale “Soneto para Daniel Reguera”), la letteratura di Borges e quella maledetta di Bukowski, il cabaret espressionista e una sorta di musical di fantasia nel quale gli anni Cinquanta si mescolano a Paolo Conte, Vinicio Capossela, TomWaits condensati da Angelo Badalamenti.
Il linguaggio di Melingo è potente e la sua visione è assolutamente coinvolgente fatta di voce rauca e gestualità efficace, di piccoli passi di jazz e di dixieland, di squarci contemporanei e di lacrime di milonga. Temi appassionati e pieni di un classicismo fuori da ogni moda che rendono questo personaggio una sorta di neo maledetto nato con il punk rock negli anni giovanili, e successivamente, in Spagna, prima di migrare a Parigi dove ha trovato il terreno ideale per le sue provocazioni irrequiete e un pubblico aperto a pronto a recepire il suo linguaggio.
Il teatro canzone di Melingo è un grande sogno fatto di ombre e di mimi che esplode ogni volta sul palcoscenico: “Vorrei che la notte durasse una vita intera e vorrei che la mia vita durasse il tempo di una canzone” così canta in “La noche” mentre le canzoni di questo disco sfilano, una dietro l’altra, dense di passione e di tango, di sensualità e silenzio, di eterna nostalgia.”