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MOTTA

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W/ Cesare Petulicchio (BSBE), Giorgio Maria Condemi (Spiritual Front, BRÖNSØN), Leonardo Milani (polistrumentista, compositore e sound-designer).

Album d'esordio “La Fine dei Vent’anni”, in streaming su Rockit: https://www.rockit.it/motta/album/la-fine-dei-ventanni/34307

La faccia è giusta. Ricorda il Lou Reed ragazzino o il Julian Cope degli inizi, quando guidava i Teardrop Explodes.
Anche lui, Francesco Motta, ha cominciato con una band, a Pisa, i Criminal Jokers.
Poi ha messo a frutto il suo talento di polistrumentista lavorando a diversi progetti altrui, per conto di Nada, al servizio del Pan del Diavolo e degli Zen Circus.
Quindi, il passo decisivo: un album a proprio nome, che ha sintetizzato solo in Motta, scegliendo un titolo impegnativo come La fine dei vent’anni.
Per realizzarlo ha chiamato una delle personalità produttive più originali della nostra scena: Riccardo Sinigallia, che tanta parte ha giocato nella definizione di artisti importanti della Capitale come Max Gazzé, Niccolò Fabi, Tiromancino.
La lega artistica tra i due ha generato un lavoro musicale notevole, improntato a una complessità che non si risolve in complicazione, ma in un ambiente sonoro ricco, insolito, fluente, capace di avvolgere la vocalità di Motta con bizzarre risonanze di nobile antiquariato rock, risalendo agli esordi di Battiato, al primo Manuel Agnelli, ai suoni solenni di Peter Hammill o di Dave Cousins coi suoi Strawbs.
Altrettanto incisivi si rivelano i testi de La fine dei vent’anni, un'antologia dei punti di vista di un giovane eccentrico con la tendenza a sognare.
Dunque Motta s'aggiunge alla sempre più nutrita lista nazionale di artisti appartenenti al nuovo millennio e capaci di equilibrare le risonanze di una certa tradizione — i grandi cantautori, per cominciare — con l'inevitabile natura cosmopolita della musica d’oggi.
Di lui piace la capacità di riecheggiare certi esordi ruggenti che punteggiarono il nostro pop prima che l’industria discografica ne domasse gli istinti più stravaganti.
C’è un sapore di underground italiano nella sua musica, un veloce sguardo all’indietro, un’appartenenza alle notti sapide della nostra clubland e poi un deciso slancio in avanti, trasformando in canzoni un’esperienza contemporanea.
Il tutto fa di lui un interessante caso di rivisitazione e rinascita, fattori dei quali come volete che la musica e i ragazzi possano mai fare a meno?
Stefano Pistolini (Il Venerdì di Repubblica)