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PUPI AVATI

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A Bologna la visita alla Certosa ha come Virgilio il regista Pupi Avati che racconta come è nata, quando era piccolo, la sua passione per il jazz, proprio tra le statue del cimitero monumentale della città.
Il rapporto tra la morte e la cultura contadina è un elemento fondante del suo vissuto e quindi della sua cinematografia. Avati ci svela come sono nate certe scene dei suoi film e riflette sul pensiero della morte.
Davanti al sepolcro di Carducci si esprime su atei e mangiapreti, di ieri e di oggi. Davanti al sarcofago del pittore Giorgio Morandi rievoca un episodio singolare avvenuto proprio alla sua famiglia. Visitiamo l’editore Nicola Zanichelli, e Farinelli, il cantante castrato, la direttrice del coro dello Zecchino d’Oro, Mariele Ventre. Una visita è dedicata all’ossario: Emanuel Carnevali, poeta e scrittore, la cui storia sembra uscita da un film, riposa qui.
Vito Boh recita a memoria una poesia di Cesare Zavattini: Un mio compaesano faccia da sberla, gli puzzava anche il fiato, l’ho sognato che volava in cielo con una camicia bianca che si gonfiava sul genere del quadro della Resurrezione. Migliaia di passerotti ruotavano intorno alla sua pelata. E io col naso in aria a domandarmi: chi l’avrebbe detto? Vito, nome d’arte di Stefano Bicocchi, un inizio di carriera come comico stupito e assolutamente muto, recita le poesie sulla morte scritte da Cesare Zavattini.