Nella lettura scenica allestita da Bonawentura/Teatro Miela sarà lo stesso Brovedani - interpretato da Alessandro Mizzi - a ripercorre i momenti salienti della sua vita. A partire dal ricordo di un incidente durante l’ascensione del Pomagagnon assieme all’amico e compagno di scalate Emilio Comici, ecco snodarsi – quasi come un racconto nel racconto - il tragitto di un’esistenza intensa e irripetibile, ripercorso attraverso la voce di Brovedani, sempre un po’ reticente parlare di sé come fu realmente il vero “Osi” durante la sua vita, e tramite le testimonianze di chi lo ha conosciuto e ha lavorato con lui.
Un racconto che parte dalla montagna, grande amore di Brovedani (“lassù si è più che mai vicini a Dio”, diceva), dall’abbandono prematuro della scuola e dai primi lavori giovanili (galoppino tuttofare al quotidiano “Il Piccolo”, correttore di bozze e critico d’arte al giornale “Il lavoratore”) per giungere agli ‘eroici’ esordi della Fissan a Trieste quando – siamo nel 1930 - Brovedani riesce a ottenere dal dottor Arthur Sauer la licenza di commercializzare un prodotto per la cura della pelle ricavato dall’albumina del latte, dando inizio così - da un piccolo scantinato di via D’Alviano - a una delle più fortunate storie imprenditoriali triestine e non solo.
Non mancherà la parte dedicata al tragico resoconto della deportazione e che il ‘vero’ Brovedani volle fissare per sempre in un volume, questa volta senza alcuna reticenza, ma con un addolorato e preciso sguardo sulla macchina di morte nazista, nell’intento di conservare una lucida memoria dell’orrore vissuto e condiviso. Quindi il ritorno a Trieste con le nuove iniziative, la frenetica attività lavorativa e la nascita della Fondazione dedicata ai bambini orfani che Brovedani, a differenza di quanto a lui accaduto, desiderava potessero trovare una loro strada proprio a partire dallo studio e dall’istruzione.
Una vita intensa di un uomo curioso di tutto, appassionato sperimentatore (Brovedani fu chimico, tecnico, propagandista medico, pubblicitario, venditore e distributore), che visse sempre modestamente e che in quarant’anni - con l’aiuto della moglie Fernanda e dei suoi collaboratori - fece della sua piccola ditta un’industria a livello nazionale nel campo dei prodotti per l’igiene dei bambini.