Un libro fotografico – ma non solo – che guarda alla città di Sarajevo dagli occhi dei cecchini. Il racconto dell’assedio attraverso delle fotografie scattate (shooting) dai punti dai quali sparavano i cecchini, accompagnati dai testi delle voci più autorevoli a livello nazionale e internazionale. I luoghi di chi inquadrava per uccidere sono diventati i luoghi dai quali inquadrare e fotografare le persone che attraversano la città.
La strada che va dal ponte Skenderija al ponte Vrbanja, passando sulla sponda sinistra del fiume Miljacka, è la più breve via per raggiungere dal centro città il quartiere Grbavica. Percorrevo questa strada ogni giorno, tornando a casa, e continuavo a percorrerla nei primi giorni di guerra, nell’aprile 1992. All’inizio di aprile a Sarajevo ci furono le prime vittime. Così abbiamo saputo che i cecchini e l’artiglieria erano già posizionati sui monti intorno alla città. A mezzogiorno, per la paura, le vie della città si svuotavano, e tornando a casa incontravo poca gente, talvolta nessuno.
Azra Nuhefendić
Non avevo assolutamente considerato che intraprendere questo 'viaggio' in una città che per quattro anni è stata sotto assedio potesse diventare pericoloso. Così è stato. Nel racconto di Sarajevo, seppure vent’anni dopo, mi sono trovato io dietro quel mirino.
Luigi Ottani
All'inizio tutto è nato dalla semplice idea di fotografare dagli stessi luoghi da cui i cecchini hanno tenuto in scacco la città durante l’assedio. Nel tempo invece l’idea si è poi stratificata, ben consapevoli di andare a lavorare su un tema molto delicato soprattutto per rispetto delle vittime. Questa stratificazione è avvenuta anche perché la realizzazione ha richiesto tempo: ci abbiamo messo 5 anni, scattando tutte le volte che andavamo a Sarajevo ed ogni nuovo scatto ci portava a nuovi ragionamenti.
Roberta Biagiarelli