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GLI ENIGMI DI WERNER HERZOG
I grandi capolavori del regista tedesco

IL DIAMANTE BIANCO (The White Diamond), Germ. 2004,88’, vers.orig.,sott.ital.
Con Werner Herzog, Graham Dorrington, Annette Scheurich, Marc Anthony Yahp

Come poteva uno come Werner Herzog non dedicare almeno un documentario a un tema così ontologicamente utopistico come quello del volo dell'uomo? Un'utopia oggi raggiunta, si potrebbe dire, ma la verità è che oggi viaggiare in aereo è soprattutto raggiungere una meta in tempi brevi. Volare, percepire se stessi nell'aria, il silenzio per poter pensare – come dice Dorrington nel film – è un'altra cosa, è un'esperienza che tuttora sono in pochi a fare.
C'è un vascello bianco che vola più leggero dell'aria su una foresta pluviale, c'è un ingegnere aeronautico, Graham Dorrington, a governarlo nel cielo e c'è un regista, Werner Herzog, a trasformarlo in cinema. La magnifica ossessione del volo, la natura e il cinema sono gli ingredienti di questo documentario girato due anni fa nel cuore della Guyana. Il diamante bianco del titolo è un dirigibile gonfiato ad elio che sorvola le imponenti cascate del Kaieteur, dietro le quali, proprio come dietro a un sipario, nidificano i rondoni e si annidano miti e leggende indigene. Davanti alla macchina da presa del regista bavarese, Dorrington mostra i modellini progettati nel suo hangar in Inghilterra, prototipi che visualizzano quello che diventerà il White Diamond, esattamente come un museo di storia naturale evidenzia il legame evolutivo tra gli esseri viventi. I suoi palloni volanti arrivano da lontano, da quando bambino un razzo scoppiato gli tranciò tre dita della mano. Dall'infanzia le ascensioni mirabolanti e le cadute rovinose dei dirigibili lo hanno accompagnato come una visione superiore. Una visione che nel momento dell'affermazione fallisce, negata dalla natura pesante dell'uomo. Dodici anni prima dell'impresa tentata con Herzog, a morire, precipitato nel vuoto dalla sua invenzione, è l'amico e regista Dieter Plage. Il lutto e il senso di colpa mai rielaborati da Dorrington vengono perdonati e superati nel volo perfetto impressionato in questo documentario. Una trasvolata che questa volta ha il dono “sostenibile della leggerezza”. Nella traversata aerea lo accompagna Herzog, che da quella posizione transitoria e privilegiata ribadisce la sua visione cinematografica, insieme estetica ed esistenziale. La poetica archetipica dell'eroe ossessionato dalla sua “weltanschauung”, da un'idea del mondo “al di sopra” come un dirigibile bianco o come la melomania di Fitzcarraldo. Non di meno le riprese a terra di Herzog, rivelano una medesima esaltazione mistica. Intorno alla spedizione si muovono uomini e donne indigeni che informano la natura incontaminata del loro romanticismo, sognando di volare col proprio gallo in Spagna, magari da una mamma lontana, o danzando su rocce a strapiombo per cullare lo spirito della cascata.

LEBENSZEICHEN (Segni di vita), 1967, 86', vers.orig, sott.ital.

Seconda Guerra Mondiale. Stroszek è un soldato tedesco ferito nel corso di un attacco partigiano sull'isola di Creta. Durante la degenza in ospedale sposa Nora, una ragazza greca che lo ha curato. Trasferito all'isola di Kos, viene messo a guardia di un deposito di munizioni situato in un vecchio castello nei pressi del porto. Qui, insieme ad altri due commilitoni, passa il tempo allevando polli e capre, imbiancando muri e costruendo trappole per scarafaggi. Un giorno, durante un giro di ispezione, spara alcuni colpi contro un mulino a vento. Sono i primi segnali della sua follia che degenera di lì a poco: Stroszek, infatti, si impossessa del castello, minacciando di distruggere l'intera cittadina con i petardi.
Il tipico aspetto ipnotico e ossessivo dell’immagine herzoghiana (soprattutto nei campi lunghi) è qui pienamente individuabile, dalla scena centrale dei mulini a vento al finale pirotecnico.
Il paesaggio, entità fisica e mentale, è parte integrante del racconto, in una costante ambivalenza tra suggestione e paura, fascino e repulsione, specchio dell’eternità e teatro di una titanica lotta interiore, una sfida al mondo di sapore niciano.
Al primo film H. esprime tutto il suo mondo, che in seguito potrà perfezionare, non cambiare.La sua idea del mondo è già tutta qui.
Lebenszeichen, primo lungometraggio di Herzog, è una delle opere che segnano una svolta all'interno della cinematografia tedesca degli anni '60.